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I MALATI TERMINALI IN FAMIGLIA
marzo 10, 2017, 3:47 PM
Filed under: cultura e società, religione | Tag: , ,

193.malati terminali

Mia nonna passò l’ultimo anno della sua vita nel letto, accudita dai figli e da noi nipoti. Chi la aiutava ad alzarsi, chi la puliva, chi le massaggiava le parti dolenti… Per mesi fu organizzato un turno, un programma settimanale di assistenza. Non restava mai sola. Soffriva, certo, e anche molto. Alla fine quasi non riusciva più ad alimentarsi. Ma non fu mai lasciata sola. La accompagnammo tutti insieme, ognuno con il suo carattere, con i suoi pregi, con le sue (perché no?) debolezze e incapacità. Una famiglia numerosa, un popolo che si stringe attorno all’anziano, alla radice, e l’accompagna per mano di là, al di fuori del tempo, nell’Eterno. Dove è andata a ricongiungersi ai suoi cari e a prepararci un posto. Aveva il volto sofferente, ma negli ultimi istanti, mentre nel giro di un minuto il colore del viso virava verso il bianco, si distese in un lieve sorriso. Pensai: “la morte del giusto”. In una serenità senza fine. Il tutto mentre l’ultima invocazione di una delle figlie chiamava il papà (mio nonno) perché le venisse incontro dall’altra parte. Mamma e papà, di nuovo insieme, uniti. Invocava così la radice della sua stessa vita.

Mio padre, negli ultimi tempi, anche lui ha iniziato dapprima a stare sulla sedia a rotelle. Poi non ce la faceva più nemmeno a uscire di casa, infine nemmeno ad alzarsi dalla sua poltrona. Sicuramente il suo Calvario è stato più breve di quello di mia nonna (e anche la medicina, devo dire, ha fatto grandi passi in avanti nelle cure palliative). Ma anche lui è stato accompagnato: da mia madre, da noi figli, dai nipoti, dagli amici e dai conoscenti. Anche lui ha passato una notte di agonia, appoggiato a me e mia madre e un’altra, l’ultima, con le mie sorelle. Lì dove tutti noi abbiamo sperimentato, per grazia, tutta la nostra impotenza. Ed è stata una grande lezione che la Vita ha dato a tutti noi.

Così me ne vorrei andare, quando sarà il momento, anche io. Con la mia famiglia, i fratelli della mia comunità, gli amici intorno, che mi accompagnano e magari pregano. Sicuro di riunirmi con i miei cari. Con mia nonna, con mio padre, con quanti ho amato qua sulla terra e mi avranno preceduto lassù, nel Cielo. Per preparare un posto a chi ancora resterà per qualche tempo in questo mondo.

La vita non è un bene disponibile. Nessuno può nascere per sua volontà. Nessuno può autodeterminarsi. E la morte fa parte della vita. Anzi, potremmo dire che l’unica cosa sicura, quando nasci, è che prima o poi dovrai fare questo passaggio, morire. Così come il momento della vita, il concepimento, è di Dio, anche il momento della morte è di Dio. Che resti non disponibile all’uomo, allora, perché è di Dio! Perché è il momento della Verità. La Verità con la V maiuscola, indescrivibile: D-o, o JHWH, per dirla in modo impronunciabile, come i fratelli ebrei.  E’ il momento dell’incontro, del mistero svelato. L’amore dei tuoi cari ti accompagna e ti dà forza fin sulla soglia del mistero, ma la soglia la devi passare da solo.

Siamo famiglie cristiane. Andiamo contro corrente. Accogliamo nelle nostre case le vite che si spengono, accompagniamo tenendo la mano, non abbandoniamo. Testimoniamo la vita, fino alla fine, perché il momento del passaggio, che Dio sceglie per ognuno di noi, sta nei disegni della sua misericordia infinita. Noi non sappiamo quando è il momento giusto. Noi non sappiamo, fino all’ultimo respiro, quando veramente “tutto è compiuto”. Per noi, per chi ci sta intorno e addirittura per la nostra discendenza, nascosta ancora nei nostri lombi (cfr. Eb 7, 9-10). Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice:“Sia chiaro a tutti che la vita dell’uomo e il compito di trasmetterla non sono limitati solo a questo tempo e non si possono commisurare e capire in questo mondo soltanto, ma riguardano sempre il destino eterno degli uomini” (CCC 2371)

Non priviamo allora i giovani dell’insegnamento dato coi fatti! Come tu onori tuo padre e tua madre, quando sono invecchiati, quando ormai li puoi solo accompagnare, così i tuoi figli onoreranno te! Questo devi insegnare! Non priviamo i giovani della opportunità di imparare a donarsi! Non priviamo i giovani della grande opportunità che è stare vicino a un nonno malato e poi vicino ai propri genitori, malati. Non priviamo i giovani della ricchezza che, per la loro anima, è accompagnare un anziano di là, dall’altra parte. Perché c’è un’altra parte, quella vera, quella eterna: il Cielo!  Pulirlo, accudirlo, fare l’esperienza di sostenerlo tra le proprie braccia vale più che mille catechesi e… li fa diventare Uomini.  Uomini veri. Forti. Non canne sbattute dal vento.

Purtroppo c’è un mondo che va in direzione opposta. Un mondo che pretende di stabilire per legge quando è meglio farla finita. E che te lo vuole fare dichiarare prima, quando stai bene, in un puro esercizio teorico. Il diritto di cambiare idea non è previsto nel famoso testamento biologico (e come potresti dire di aver cambiato idea, quando non potrai parlare?). E ora stanno lì a convincerti, tramite la grancassa dei mezzi di comunicazione, che è meglio per te, quando stai male, farla finita. Una bella siringa e via! Con risparmio di soldi per le disastrate casse della Sanità e risparmio di sofferenze per i tuoi cari. Il nemico dell’uomo ci spinge sempre a metterci al posto di Dio nel nostro delirio di autodeterminazione, ci spinge a mangiare del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, quello di cui, invece, Dio aveva avvertito che “se ne mangerete, morirete” (cfr. Gn 2, 17).

Il libro della Genesi termina però con un avviso decisivo per questi nostri tempi; “Il Signore pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita” (Gn. 3,23). Rispetta la vita, dunque, uomo! Sempre, ovunque e comunque, se non vuoi vedertela con i cherubini e con la fiamma della spada folgorante.


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